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Rallentare il riscaldamento globale mangiando carne è possibile

Posted: 10 Jul 2009 12:00 AM PDT

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Mangiare più carne bovina può rallentare il riscaldamento globale? Sembra un controsenso, ma può essere così. I bovini potrebbe essere una parte dell’intera equazione ecologica per risolvere i cambiamenti climatici e il ripristino della biodiversità degli ecosistemi. Le mucche possono alleggerire il danno umano se sono allevate in modo sostenibile.

Quando si tratta di riscaldamento globale, un numero crescente di persone punta il dito contro il consumo di carne. Questa prospettiva viene spiegata dal Dott. Rajendra Pachauri, presidente del Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che ha riferito all’Observer:

La dieta è un’importante causa delle enormi emissioni di gas serra e di altri problemi ambientali, come la distruzione degli habitat, associata alll’allevamento di bovini e altri animali. La produzione di carne rappresenta quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra. Queste vengono generate durante la produzione di mangimi per animali, per esempio, mentre i ruminanti, in particolare per le vacche, emettono metano, che è 23 volte più efficace come agente di riscaldamento globale dell’anidride carbonica.

Poiché il metano è un gas a effetto serra denso di CO2, ha un maggiore effetto negativo complessivo sulla Terra. Ma eliminare del tutto dalle diete i ruminanti sconvolgerebbe profondamente la nostra capacità di recuperare CO2 e produrre acqua per i campi.

Quando il primo uomo ha trasformato il suolo ricco delle praterie del Midwest, alcuni terreni possedevano il 20% di carbonio. Ora, dopo anni di prodotti chimici, di allevamento e coltivazione, molti terreni posseggono il 5% di carbonio o anche meno, con alcuni che ne hanno meno dell’1%. Come risultato per il carbonio “perso”, ora questo sopravvive nell’atmosfera sotto forma di biossido di carbonio (CO2). Inoltre, la perdita di carbonio del suolo può esaurire la capacità di gestire le risorse idriche.

Prima della civilizzazione, i ruminanti svolgevano un ruolo importante nella sana ecologia del suolo. Questi mangiano l’erba e rilasciano fertilizzante naturale. Questo processo naturale ha contribuito a formare il ricco e fertile suolo delle praterie di oggi.

Allo stesso modo, il bestiame ben gestito può migliorare notevolmente la crescita e la propagazione di queste colture. L’erba può recuperare enormi quantità di ossido di carbonio ogni anno, soprattutto quando il pascolo è ad alta densità, lasciando tutto il processo come dovrebbe essere in maniera naturale. Su un solo acro di terreno frequentato da pascoli biologicamente sani, ci possono essere tra 0,5 e 1,5 tonnellate di ossido di carbonio nel suolo depositati ogni anno. Ciò equivale a recuperare fino a 5,5 tonnellate di CO2 dall’atmosfera in un solo acro di terreno.

Questa sorprendente interazione ecologica globale su 11 miliardi di ettari di terreno al pascolo di oggi sarebbe pari al recupero del 60% di emissioni di CO2 causate dagli umani. Tornando alla questione del metano, la differenza tra i danni ed i benefici è molto favorevole. Consideriamo che lo sfrenato utilizzo del carbone, gas naturale, petrolio e prodotti petroliferi producono più di tre volte le emissioni del metano dei ruminanti, e capiamo che non è il caso di prendersela con dei poveri animali che però ci piace tanto mangiare.

Fonte: [Treehugger]

Ora è ufficiale, l’Italia torna al nucleare e scatta la protesta

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Posted: 10 Jul 2009 01:38 AM PDT

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Il Governo ha ottenuto quello che voleva: far tornare l’Italia indietro di 30 anni. E dire che il provvedimento con cui lo fa è soprannominato “ddl sviluppo“. Un po’ come la maggior parte dei provvedimenti presi dal Governo Berlusconi, è una serie di nonsense e controsensi che hanno fatto svegliare addirittura i Governi regionali, di solito occupati dai giochi di potere per protestare con quello nazionale, i quali si sono adirati non poco per essere stati letteralmente “scavalcati” da questa legge.

Il testo passato ieri al senato sancisce in breve pochi punti: in Italia verranno costruite delle centrali nucleari (non si sa ancora se saranno 4 o 5), la locazione sarà decisa dal Cipe e i siti saranno considerati punti di interesse strategico nazionale, che tradotto significa che sarà posto l’esercito a guardia dei siti in costruzione e nessuno potrà avvicinarsi, altrimenti rischia la galera.

Un provvedimento pieno di controsensi dicevamo, ed è complicato spiegarli perché non si sa da dove cominciare. Partiamo con il più evidente. Proprio in questi giorni Berlusconi sta mostrando il suo sorriso a 32 denti a tutti i grandi della Terra, parlando al g8 di energie rinnovabili. Dietro di lui però i suoi collaboratori fanno passare il ritorno al nucleare. Si sa infatti che, prima di tutto, il nucleare non è assolutamente un’energia rinnovabile. L’uranio è in via d’estinzione, e poi la tecnologia non è nemmeno pulita perché le scorie sono le più pericolose al mondo, dato che rimangono attive per milioni di anni. E poi con il ritorno al nucleare potremo dire addio agli investimenti sulle rinnovabili: non ce ne sarà bisogno perché la sufficienza energetica sarà raggiunta, ma poi tra l’altro mancheranno anche i soldi per costruire centrali eoliche e solari.

Il secondo controsenso è che bisogna agire immediatamente sul piano energetico per soddisfare il fabbisogno nazionale senza inquinare, ma le prime centrali nucleari non saranno completate prima di 20 anni, quando ormai probabilmente il mondo avrà già superato il punto di non ritorno. Altro controsenso è che il Governo ci teneva tanto ad avviare il federalismo fiscale, ma poi questa iniziativa bypasserà la volontà dei Governi regionali, prendendo una decisione centralista e autoritaria.

Senza poi considerare i costi, insostenibili da un’economia italiana eternamente in deficit; la pericolosità degli impianti, la cui ricerca in Italia è ferma a 22 anni fa; ed il fatto che in tutto il mondo le centrali nucleari stanno sparendo. Obama si è rifiutato di finanziare le nuove centrali americane e ha annunciato che, alla fine del loro ciclo di vita normale, quelle già esistenti dovranno essere smantellate; la Germania ha avviato un piano per la chiusura graduale di tutte le sue centrali; la Francia, dopo tutti i problemi legati alla centrale di Tricastin, ha deciso di abbandonare il nucleare e tentare la strada delle rinnovabili. Solo l’Italia fa un passo indietro di 20 anni (che quando saranno ultimate sarà un passo indietro di 40 anni), e se ne vanta.

La Puglia è uno dei siti che hanno maggiore probabilità di veder sorgere una centrale nucleare. Ieri il Presidente della Regione Nichi Vendola ha annunciato che si opporrà, e che se la vogliono costruire, dovranno venire con i carri armati. Molti suoi colleghi di altre Regioni lo hanno seguito nella protesta, ma farebbero bene a farlo anche tutti gli altri, lasciar costruire le centrali nucleari in Italia equivarrebbe ad una condanna a morte per il Paese.

G8 de L’Aquila, ecco cosa si è deciso per l’ambiente

Posted: 10 Jul 2009 07:28 AM PDT

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Il giorno della conclusione del g8 aquilano, a proposito dei temi che riguardano l’ambiente, si aveva l’impressione che ci si trovasse al giorno precedente l’inizio dei lavori. Rispetto ad una settimana fa infatti, tutto o quasi è rimasto inalterato, non sono stati raggiunti impegni concreti e si è parlato del problema sempre in forma generica e senza entrare nello specifico.

E’ evidente che gli 8 grandi si sono concentrati maggiormente sull’economia, ed in tempo di crisi è anche comprensibile, ma tra i vari annunci, l’unico a far sentire la sua voce in merito alle tematiche ambientali è stato Barack Obama, il quale ha annunciato che gli Stati Uniti prenderanno alcuni provvedimenti importanti, soprattutto in materia di rinnovabili e di taglio delle emissioni, ma anche gli altri devono fare la propria parte. Ma andiamo a vedere cosa è stato deciso sulle tematiche a noi care.

L’unica novità, che per chi si occupa di ecologia tanto novità non è, è stato che si è parlato dei cosiddetti “colletti verdi“, cioè la creazione di posti di lavoro nell’ambito dell’ecologia. Una tematica tutta nuova per chi, come il nostro Presidente del Consiglio, ha considerato l’ambiente come un intralcio allo sviluppo, e non un’opportunità. I grandi della Terra hanno deciso un pacchetto di stimolo fiscale per incentivare i lavori ecologici, per la crescita sostenibile ed un’efficienza energetica basata sulle rinnovabili. La finalità è quella di creare una collaborazione di livello internazionale per velocizzare il processo e abbassare i costi. Tutte cose che anche su queste pagine si chiedono da tempo, ma che solo adesso sono arrivate ai piani alti.

Per il resto, si è ribadito il concetto, già espresso alla vigilia, di ridurre del 50% entro il 2050 le emissioni di CO2, con i Paesi ricchi che, per dare il buon esempio, mireranno a raggiungere addirittura l’80%, una missione impossibile vista com’è la situazione adesso. Sono previsti anche sistemi di finanziamento per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad abbandonare il carbone e a passare a fonti di energia più pulite (a questo punto non si capisce come mai in Italia le centrali a carbone anziché chiudere, continuino ad aprire), con l’obiettivo finale di mantenere a 2 gradi centigradi l’aumento della temperatura globale. Da molte parti si anticipa sin da ora che questo obiettivo non sarà sufficiente, e comunque non sarà raggiungibile visto che i mutamenti climatici stanno accelerando più del previsto, ma già il fatto di avere un limite è qualcosa.

In conclusione si può riassumere che il meeting non è servito praticamente a nulla, almeno dal punto di vista dell’ambiente, ma non ci si poteva aspettare di più da politici che, arrivati all’inizio del g8, non conoscevano nemmeno la metà delle tematiche di cui andavano a parlare. Il fatto che ora ne siano a conoscenza è almeno un inizio.

Display OLED, la rivoluzione per i telefonini è cominciata

Posted: 11 Jul 2009 12:00 AM PDT

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Le case produttrici di cellulari stanno finalmente cominciando la transizione verso la tecnologia OLED per gli schermi, in gran parte a causa della possibilità del risparmio energetico. Samsung ha aperto la strada che hanno già intrapreso anche LG e altri, poco dopo. I display OLED da soli potrebbero ottenere un ulteriore risparmio di energia attraverso una limitazione del numero di colori utilizzati sullo schermo. Una potenzilità di risparmio di ben il 40% può essere considerata quando si utilizza questa limitazione.

Secondo New Scientist, i ricercatori della Simon Fraser University ndl British Columbia, Canada, hanno scoperto che la scelta di un particolare equilibrio di colori impiegati per formare le immagini è in grado di dimostrare un significativo risparmio. Diversi colori visualizzati da un pixel OLED utilizza diversi quantitativi di energia. Ad esempio, il giallo utilizza meno energia del magenta, anche se ad un primo sguardo sembra altrettanto brillante. Con la progettazione del colore che definisce la riduzione energetica del display, il consumo della batteria è stato tagliato tra il 37% ed il 41%.

Spiegano i ricercatori:

L’OLED può essere reso ancora più leggero scegliendo con cura l’equilibrio dei colori utilizzati per formare un’immagine. Uno si basa su una serie di colori scelti a discrezione dell’utente, che vengono analizzati in base al loro consumo di energia. Il secondo è basato su colori prestabiliti per garantire un’ottimizzazione dell’energia.

I ricercatori notano come le informazioni possono essere utilizzare per creare diverse modalità di visualizzazione per contribuire a prolungare la durata della batteria. Il nuovo modo di visualizzare i colori non porta ad una perfetta parità di immagine, ma se un utente cerca di estendere la durata della batteria, non deve lamentarsi di una differenza qualitativa che rimane comunque minima.

La tecnologia dei display OLED è la più innovativa in assoluto. Essa può essere applicata non solo ai telefonini, ma anche ai televisori e ai computer portatili. Anche se ci vogliono più ricerche per essere in grado di visualizzare l’intero spettro di colori vivaci per un’ottimale esperienza visiva, questo tipo di risparmio energetico sarebbe un grande aiuto non solo per il fatto che la batteria del dispositivo mobile venga caricata di meno, ma permette anche di estendere la durata della batteria quando, ad esempio per un notebook, si lavora senza l’alimentazione.

Fonte: [Treehugger]

Il più antico ambientalista del mondo: Enrico VIII

Posted: 11 Jul 2009 02:41 AM PDT

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In molti credono che l’ambientalismo sia soltanto una moda nata da qualche decennio e portata avanti come una bandiera da qualche esaltato, alcuni hippy, e magari qualche politico che lo usa giusto per farsi pubblicità e arraffare voti. Ed invece pare proprio che l’attenzione alla natura non sia una prerogativa moderna, ma risalga già ad alcuni secoli fa.

Durante una conferenza stampa tenutasi ieri in Gran Bretagna, il Principe Carlo, una delle maggiori personalità che si stanno occupando di salvare l’ambiente, ha fatto una sorta di relazione interessante su un aspetto finora sconosciuto di Enrico VIII, re d’Inghilterra nella prima metà del ‘500.

Spiega il Principe:

Enrico ha avviato il primo filone ecologico nella legislazione di questo Paese. Durante gli ordini per la costruzione di un gran numero di navi, su cui poi si è fondata la Royal Navy, c’è stato un momento in cui Enrico si rese conto che la sua flotta stava creando troppo stress sulle forniture di legno naturale, in particolare di rovere. E così, nel 1543, ha fatto una legge, “the Preservation of Woods”(la conservazione dei boschi), in cui dichiarava che, se un numero qualsiasi di querce mature fosse stato abbattuto, dodici nuove querce dovevano essere piantate nello stesso acro di terra, e non potevano essere toccate fino a quando ciascuna di esse non avesse raggiunto una certa maturità. E’ stato un semplice e piuttosto elegante modo di pensare al problema a lungo termine.

Già presagiva i danni provenienti dalla deforestazione, oppure i primi studi sui danni derivanti dall’abbattimento eccessivo di alberi si possono datare sin dal 1500? Quello che è stato inteso da molti istintivamente è stato che King Henry ha capito subito l’importanza di lavorare al fianco della natura per mantenere l’equilibrio tra il mantenimento del capitale naturale della Terra intatto e sostenere l’umanità attraverso il proprio reddito rinnovabile.

Fonte: [Ecorazzi

Energia idroelettrica: ecco solo alcune delle idee migliori per produrla

Energia idroelettrica: ecco solo alcune delle idee migliori per produrla

Posted: 11 Jul 2009 05:49 AM PDT

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Nelle ultime settimane alcuni scienziati in tutto il mondo sono ritornati a porsi l’antico problema di come produrre energia dagli oceani. Sembra scattata una sorta di gara tra le industrie di tutto il mondo su chi potrà costruire le apparecchiature migliori per la produzione di energia idroelettrica. Alcuni modelli sono in fase di sviluppo, nel tentativo di stabilire il modo più efficace per generare energia grazie alle maree, altri sono già pronti.

Pelamis, una delle prime aziende a sfruttare l’energia degli oceani, utilizza tre strutture lunghe 150 metri in acciaio flessibile in grado di guidare generatori idraulici e di produrre 750 chilowatt di potenza ciascuno. Questa pietra miliare delle rinnovabili che si trova sulla costa settentrionale del Portogallo, ha cominciato ad operare solo nell’ultimo anno. Ora, però ha già dei rivali. Una macchina “infernale” battezzata AnacondaMovie Camera, progettata nel Regno Unito dall’azienda Checkmate Seaenergy, è un gigantesco dispositivo a forma di serpente di gomma anziché in acciaio.

Il macchinario passa sopra un tubo pieno d’acqua e lo spreme per generare un’onda artificiale che gira all’interno di un generatore, il quale a sua volta raggiunge la coda. Il progetto finale è destinato ad essere 7 metri di larghezza per 200 metri di lunghezza, potrebbe alimentare mediamente 1000 case alla massima operatività. Questo dovrebbe accadere, secondo le ultime previsioni, intorno al 2014. Ma le novità non sono finite qui.

Un’altra azienda che sfrutta le onde utilizza un concetto totalmente diverso: il galleggiamento. Spiega Hugh-Peter Kelly della Trident Energy, azienda con sede nel Regno Unito:

Il modo più semplice per ottenere energia dalle onde è quella di un dispositivo galleggiante collegato ad un generatore lineare di elettricità.

La Trident ha inventato un dispositivo a forma di boa che utilizza le onde per muoversi come su un ascensore, capace di estrarre il 50% in più di energia rispetto ai galleggianti tradizionali di dimensioni simili. Le boe contengono un generatore lineare che muove i magneti in modo da formare l’elettricità. Ogni dispositivo potrebbe generare fino ad un megawatt, spiega Kelly, e la prossima sperimentazione è prevista sulla costa di Suffolk, Regno Unito, già in questi mesi.

Ma ancora, in Australia occidentale è stato installato un dispositivo fatto con pompe per l’acqua di mare che passa attraverso le idroturbine on-shore, in modo da evitare di danneggiare la bellezza del mare. Il sistema CETO ha funzionato bene finora ed il primo impianto commerciale è previsto per fine 2009. La società prevede di generare 50 megawatt di potenza con ogni boa.

Tornando nell’emisfero settentrionale, Archimedes Waveswing è un altra boa subacquea, progettata dai britannici della AWS Ocean Energy, in grado di sfruttare anche il gas. In particolare la boa si trova almeno 6 metri al di sotto della superficie del mare e ha una sezione che può muoversi su e giù, la quale comprime il gas all’interno della boa il quale, spremuto attraverso un generatore, può dare energia ad oltre 500 case per ogni boa.

Ma esistono anche piattaforme fisse, come quella montata con due turbine a Strangford Lough, Irlanda del Nord, nel 2008 che fornisce 1,2 megawatt di potenza per le case locali; o una a 6 turbine della società britannica TidalStream che produce 10 megawatt di potenza. E di esempi in tutto il mondo ce ne sono davvero tanti. Come abbiamo potuto vedere le possibilità per recuperare energia dall’elemento più abbondante al mondo, l’acqua, sono tante, ma purtroppo vengono spesso dimenticate.

Fonte: [newscientist]

Ad ogni Paese il suo, ecco gli obiettivi climatici dei grandi della Terra

Ad ogni Paese il suo, ecco gli obiettivi climatici dei grandi della Terra

Posted: 12 Jul 2009 12:00 AM PDT

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Questa settimana abbiamo visto le nazioni del G8 impegnarsi a ridurre le emissioni di anidride carbonica dell’80% entro il 2050, il che significa che i Paesi più ricchi del mondo hanno fissato alcuni obiettivi climatici piuttosto rigidi. In teoria, almeno. Le azioni, naturalmente, sono più eloquenti delle parole. Quindi diamo un’occhiata proprio a queste azioni, quelle reali, che inquadrano i veri obiettivi delle più grandi economie del mondo, non soltanto quelle del g8.

Stati Uniti d’America: obiettivi climatici dubbi. Negli Usa attualmente, tutti hanno avuto modo di notare un controsenso. Di recente è passata la legge Waxman-Markey, la quale mira a ridurre le emissioni del 17% entro il 2020, per ritornare all’incirca ai livelli del 2005. La norma internazionale ampiamente accettata è che la riduzione miri a raggiungere i livelli del 1990. L’obiettivo è buono, ma difficile da raggiungere perché la riduzione delle emissioni dovrebbe come minimo raddoppiare per poter almeno avvicinarsi al limite finale dell’80%.

Unione europea: siamo a buon punto. E’ migliore infatti la situazione dell’Unione europea, la quale si è già impegnata in passato a ridurre le emissioni del 20% in tutti i settori entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Secondo la BBC, l’Unione europea può rafforzare il suo obiettivo di riduzione al 30% se vi fosse un consenso totale, ma conoscendo l’Italia e i nuovi Stati membri, difficilmente ciò avverrà.

Australia: qualcosa va fatto per limitare il carbone. L’Australia infatti ha iniziato bene il cammino verso l’ecologia, ma questo si è arrestato negli ultimi anni, a causa dei problemi con la sua potente industria carboniera. Sempre secondo la BBC, “il Governo australiano ridurrà le proprie emissioni del 5-25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2000, e del 60% entro il 2050″. Il 5-25%? Non è un po’ larga la forbice? Bene invece il ricorso al famoso Cap and Trade, anche se finora l’applicazione è andata peggio del previsto.

Giappone: nuovi obiettivi climatici. Il Giappone ha fissato gli obiettivi soltanto al 9% di riduzione entro il 2020, pur facendo parte del g8, ed usando lo stesso trucco degli Stati Uniti, cioè tenendo come punto di riferimento i livelli del 2005, anziché quelli del 1990. L’impegno è inferiore al previsto, ma visto che finora erano stati ben pochi quelli presi, è meglio di niente.

Maldive: impegno a liberarsi dal carbonio. Ora in molti obietteranno che le Maldive non sono affatto una delle più grandi economie del mondo. E’ vero, ma vale la pena citarle perché è strano vedere come uno dei Paesi più piccoli e meno “pesanti” dal punto di vista dell’impronta ecologica, finisca con il dare il buon esempio a tutti. Le Maldive infatti hanno posto l’obiettivo di diventare il primo Stato al mondo ad emissioni zero di carbonio. Questa promessa è dovuta più che altro allo spavento che c’è stato in alcune isole, letteralmente sommerse dall’innalzamento delle acque, ma l’impegno e la dedizione di questo tipo deve essere osservata ed imparata dalle nazioni ricche che fanno troppo poco.

Cina, India e Brasile: anche gli obiettivi sul clima sono ancora in via di sviluppo. Le cosiddette economie in via di sviluppo hanno finora rifiutato di fissare obiettivi di riduzione delle emissioni, anche se hanno avuto un buon motivo per farlo. L’India ha ripetutamente detto che sarebbe disposta a farlo se le nazioni ricche si impegnassero a ridurre le emissioni del 25-40% entro il 2020; la Cina, mentre continua con i suoi progetti sull’energia pulita, continua a non fissare alcun concreto obiettivo climatico. Neanche il Brasile ha fissato alcun obiettivo, ma tutti e tre hanno convenuto di fissare obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra per il 2050 entro il mese di dicembre, quando le nazioni in tutto il mondo si riuniranno a Copenaghen per il progetto che seguirà il protocollo di Kyoto.

Solo 27 spiagge aperte ai cani in tutta Italia, come fare con Fido in vacanza?

Solo 27 spiagge aperte ai cani in tutta Italia, come fare con Fido in vacanza?

Posted: 12 Jul 2009 01:58 AM PDT

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Da ogni parte tutti gli anni arrivano i soliti appelli a non abbandonare i cani quando si va in vacanza. Ma come sempre a parlare sono bravi tutti, ma all’atto pratico diventa un po’ un problema. L’Italia ha 8.000 km di costa, ma la cosa assurda è che quasi tutti sono diventati privati. Per questo motivo chi si “impossessa” del territorio demaniale, ha anche l’autorizzazione a decidere se far entrare i cani nel suo stabilimento o no. E nella maggior parte dei casi dice di no.

Dunque cosa fare con le vacanze imminenti ed il nostro Fido che non si sa dove metterlo? Per chi si reca in case-vacanza, il problema non si pone. Il nostro cane rimarrà in casa, soffrirà un po’ il caldo, ma almeno rimane con noi. Per gli alberghi un poco la situazione si complica, perché non tutti sono attrezzati per ospitare animali. Se però lo vogliamo portare in spiaggia, le alternative sono due: andare in quella pubblica (e ce n’è sempre di meno) o portarlo in una delle 27 spiagge d’Italia attrezzate ad ospitarlo.

Eh già, solo 27, per un totale di pochi chilometri, su un’immensità di territorio. L’Emilia Romagna è la Regione meglio attrezzata, con 10 spiagge che hanno ombrelloni e docce apposta per i cani; bene anche la Liguria con 8 stabilimenti, un po’ meno la Toscana con solo 4, le Marche con due e Abruzzo, Lazio e Veneto con una soltanto. Per ulteriori informazioni il sito www.vacanzebestiali.org vi renderà più chiare le idee.

Lo scorso anno si è stimato che gli abbandoni estivi sono stati 14 mila, 3-4 mila in meno di due anni fa, mentre quest’anno si pensa non debbano superare le 10 mila unità, di meno rispetto al passato ma sempre troppe. Il calo è dovuto in buona parte grazie al microchip obbligatorio attraverso il quale si può risalire al padrone, ma anche grazie alle tante iniziative che si stanno moltiplicando da parte delle associazioni animaliste. Alcune di esse si occupano delle autorizzazioni per le spiagge, sia pubbliche che private, a fare delle eccezioni e permettere il transito degli amici a quattro zampe, mentre altre provvedono ad istituire delle specie di alberghi per animali, come il Bau village aperto a Roma, in cui dei volontari si occuperanno del vostro cane, portandolo anche a rinfrescarsi in una spieggia in cui quello non autorizzato ad entrarvi è l’uomo, per tutta la durata della vostra assenza. L’appello importante è, e rimane come sempre, non abbandonate il vostro cane.

Singapore diventa la prima città ad auto-sufficienza idrica pur non avendo fonti d’acqua

Posted: 12 Jul 2009 03:40 AM PDT

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Khoo Chye Teng, il capo dell’agenzia dell’acqua di Singapore si è finalmente svegliato dopo 5 anni dall’inizio del mandato, e ha impresso una svolta al sistema idrico della città asiatica. A differenza dei suoi predecessori alla Public Utilities Board, Khoo non vuole che il suo Paese dipenda dalle risorse di quelli ricchi, ma vuole raggiungere l’auto-sufficienza, almeno per quanto riguarda l’acqua, per la sopravvivenza a lungo termine e per lo sviluppo.

Grazie alla tecnologia, Singapore ha ora la capacità di generare gran parte della propria acqua e si prepara a svolgere un ruolo di primo piano nel riciclaggio delle acque usate, un settore emergente del valore di circa 100 miliardi di dollari a livello mondiale.

Questo processo si baserà sulla depurazione dell’acqua su larga scala e relativamente a buon mercato, visto che si finisce con il purificare gli scarichi delle lavorazioni chimiche. Con una superficie di soli 700 chilometri quadrati, Singapore non ha molti fiumi da cui trarre le risorse per sopravvivere, e così molto spesso, per stessa ammissione di Khoo, si deve fare affidamento alla sola acqua abbondante che c’è in quelle terre, quella che arriva dal cielo con la pioggia.

Il governo ha trasformato i due terzi di tutta l’isola in un grande bacino per le abbondanti piogge che cadono tutto l’anno per tagliare i condotti che provengono dalla Malesia da cui si riforniva fino a poco tempo fa. Oggi esiste una rete di drenaggio delle acque piovane di 7 mila km suddivisa in 15 serbatoi, che diventeranno prossimo anno 17.

Siamo probabilmente l’unica città o Paese al mondo che ha un piano urbano di raccolta delle acque piovane su così vasta scala

ha spiegato Khoo. Come parte del suo obiettivo, Singapore sta trasformando in serbatoi alcuni laghi che possono ospitare gli sport acquatici e altre attività ricreative. Le brutte condotte delle fognature e i canali invece saranno trasformati per assomigliare a dei fiumi e dei torrenti naturali.

Il punto di svolta per Singapore è venuto nei primi mesi del 2000, dopo che i miglioramenti nella tecnologia hanno reso possibile e conveniente il trattamento delle acque reflue su vasta scala. Questa si basa su una varietà di processi che utilizzano filtri semi-permeabili piuttosto che le sostanze chimiche o l’energia elettrica per separare l’acqua dalle sostanze contaminanti ed impurità.

Il prodotto è sicuro da bere e utilizzare e per far girare i motori dell’economia di Singapore. Il tutto con un investimento di “soli” 5 miliardi di dollari di Singapore (meno di due miliardi e mezzo di euro) per costruire le infrastrutture nel corso degli ultimi sette anni. Dimostrazione che non ci vuole tanto per rendere un Paese auto-sufficiente dal punto di vista dell’acqua, anche senza fonti dirette. Ma il dato triste è che tale ingegno (ed anche l’impegno) sorge sempre in caso di necessità e non in previsione futura perché tanto, finché le risorse ci sono, l’uomo continua a sprecarle nella totale indifferenza.

Questa iniziativa ha interessato la statunitense General Electric, la Siemens e alcune società tedesche e olandesi che hanno intenzione di istituire centri di ricerca per sviluppare nuove soluzioni per soddisfare le esigenze di acqua del mondo, mentre alcuni progetti sono stati già avviati in Qatar e in Algeria. L’Italia ha acqua in abbondanza, ma farebbe bene a prendere in considerazione tali investimenti. Questa sì che sarebbe politica sostenibile.

Fonte: [Alternet]

La morte serena del lago d’Aral

Posted: 12 Jul 2009 11:00 PM PDT

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Il lago d’Aral, erroneamente chiamato Mare d’Aral (è salato), è tristemente noto come oggetto di uno dei disastri ambientali più gravi della storia dell’umanità, se non il più grave in assoluto. Così lo descrive Al Gore nel suo libro Earth in balance. Così lo vediamo dalle immagini riprese dal satellite (foto sopra).
L’ampiezza originaria del lago era all’incirca di 68.000 km², ma dal 1960 il volume e la superficie lacustre hanno subito un calo del 75%. Nel 2007 dell’antico specchio d’acqua era rimasto solo il 10% dell’originale.

A causare l’inaridimento, il piano sovietico del dopo guerra che ha dirottato le acque dei due immissari, Amu Darya e Syr Darya, per sviluppare le colture intensive nei territori limitrofi. Nessuno dei responsabili di questo disastro era all’oscuro delle conseguenze del dirottamento delle acque dei due unici fiumi che alimentavano il lago. Al contrario, sentite cosa dichiarava il sovrintendente al piano di sfruttamento delle acque dei fiumi a scopo agricolo Grigory Voropaev:

Il nostro scopo è proprio quello di far morire serenamente il lago d’Aral.

Era il 1952, oggi del lago è rimasto ben poco, lo testimoniano nuove immagini Envisat che evidenziano la drammatica ritirata del lago di Aral dal 2006 al 2009. Quello che era il quarto bacino pù grande al mondo non esiste quasi più. E benchè nella storia del lago si siano sempre avuti periodi di secca anche piuttosto gravi, gli esperti non hanno trovato precedenti per quanto sta avvenendo ora. Il lago non si riprenderà.

mare-di-aralIl mare di tutta la sezione meridionale è previsto si asciughi completamente entro il 2020, ma sono in corso immani sforzi per salvare la parte settentrionale.
La diga di Kok-Aral, un progetto congiunto della Banca mondiale e del governo del Kazakistan, è stata costruita tra le sezioni nord e sud del mare per evitare che l’acqua defluisca e si prosciughi nella parte meridionale. Dalla data del suo completamento, nel 2005, il livello dell’acqua è aumentato nella parte settentrionale di una media di 4 m.

Al posto delle acque del lago oggi ci sono 40 000 kmq di zona secca, di colore bianco a causa de sale sul terreno, denominati deserto del Karakum. Ogni anno violente tormente di sabbia raccolgono almeno 150 000 tonnellate di sale e sabbia dal Karakum trasportandole per centinaia di chilometri, con gravi problemi di salute per la popolazione locale, inverni rigidissimi ed estati torride. Nel tentativo di mitigare questi effetti, nei fondali prosciugati è stata piantata vegetazione che vive in territori aridi e in terreni salini.
Nel 2007, il governo del Kazakistan ha ottenuto un altro prestito dalla Banca mondiale per l’attuazione della seconda fase, che comprende la costruzione di un’ulteriore diga, il progetto mira a invertire in extremis il disastro ambientale, una delle pagine più tristi nella storia dell’impronta ecologica dell’umanità.

[Fonti: Wikipedia; European Space Agency (2009, July 12). Declining Aral Sea: Satellite Images Highlight Dramatic Retreat. ScienceDaily. Retrieved July 12, 2009, from http://www.sciencedaily.com­ /releases/2009/07/090710092228.htm]

Los Angeles vuole liberarsi dal carbone entro 10 anni. Ce la farà?

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Ieri, il sindaco di Los Angeles Antonio Villaraigosa ha annunciato la sua intenzione di rendere la città completamente priva di carbone entro il 2020, e svoltare verso l’energia pulita e rinnovabile. L’intenzione è buona, ma secondo molti osservatori sarà di difficile attuazione.
Villaraigosa ha affermato durante il suo secondo discorso di inaugurazione:
E’ giunto il momento di lanciare la sfida al carbonio. Il nostro secondo obiettivo per i prossimi quattro anni è quello di mettere LA su un percorso che spezzi definitivamente la nostra dipendenza dal carbone. Il carbone rappresenta attualmente circa il 40% della produzione energetica cittadina. Rompere con il carbone è un obiettivo a lungo termine che richiede un impegno a lungo termine. Per questo l’intenzione è di richiedere investimenti con pagamenti a rate.
Los Angeles produce il 40% della sua energia con il carbone, una bella cifra significativa, soprattutto considerando che ci sono 4 milioni di persone in città. Come Triple Pundit ricorda, è praticamente impossibile che LA si stacchi dal carbone, perché fra dieci anni si avrà un enorme (e ancora in crescita) domanda di energia.
Il Los Angeles Department of Water and Power prevede che dei circa 7000 megawatt di energia per la città, il carbone ne produca 2800. Per alcuni l’impianto solare più grande del Paese, come l’ancora incompiuta Ivanpah, impianto di energia solare nel deserto del Mojave, forniranno solo 400 MW, e LA non può contare solo su questo per ottenere l’indipendenza.
Così la dichiarazione del sindaco diventa politicamente affrettata, ed è abbastanza probabile che sia stata fatta perché lui non sarà ritenuto responsabile se l’obiettivo non verrà raggiunto, visto che è molto probabile che non sarà più in carica nel 2020.
Ma a parte questi piccoli particolari, la dichiarazione ha comunque prodotto alcuni effetti positivi: i piani per una nuova centrale a carbone vegetale nello Utah sono stati abbandonati dopo la dichiarazione di Los Angeles di voler rendersi indipendenti dal carbone, qualunque forma esso abbia.
E forse non è una cattiva cosa, in ogni caso, pensare e parlare più in grande di quanto si è veramente pronti a fare, perché anche se alla fine gli obiettivi non sono raggiunti, almeno si sono ottenute tante piccole vittorie che vanno comunque in quella direzione. Intanto il sindaco di Los Angeles è riuscito almeno ad ottenere che la sua città inizi un passaggio all’alimentazione del 20% proveniente dalle energie rinnovabili entro il prossimo anno, un buon inizio verso un disegno più grande.
Fonte: [Treehugger]

Con lo scioglimento dei ghiacciai l’Artico potrebbe diventare la “mensa” degli animali

“Pieno di vita” non può essere la descrizione che scaturisce alla mente quando si pensa al Mare Glaciale Artico, ma potrebbe presto cambiarlo se il peso del riscaldamento globale fosse rimosso delle regioni ghiacciate.
Uno studio di ciò che l’Artico sembrava fino a poco prima che i dinosauri fossero cancellati dal pianeta ha fornito un assaggio di ciò che potrebbe essere quello di che potrebbe ridiventare tra qualche decennio. Alan Kemp del Centro nazionale di Oceanografia e i suoi colleghi di Southampton hanno utilizzato potenti microscopi per ispezionare i carotaggi di fango estratti dal fondo del Mare Glaciale Artico. Hanno trovato strati successivi di piccole alghe chiamate diatomee. Il modello dei livelli e la distribuzione delle diatomee fornisce una prova evidente che l’Artico è stato privo di ghiaccio durante l’estate e, al contrario di recenti studi, spesso oggetto di glaciazioni durante l’inverno.
Gli inverni gelidi e le estati senza ghiaccio sono per i glaciologi proprio ciò che potrebbe accadere all’Artico entro pochi decenni. Negli ultimi anni, il vento e le temperature calde hanno gradualmente assottigliato i ghiacci marini artici, il che rende meno probabile la loro sopravvivenza durante l’estate. Alcuni ritengono che l’Artico potrebbe essere privo di ghiaccio durante l’estate già nel 2030.
I ricercatori dicono che il numero di diatomee bloccate nel fango suggerisce che quando i dinosauri calpestavano la Terra, il Mar Glaciale Artico era biologicamente molto ricco durante il periodo estivo, alla pari delle regioni più produttive degli Oceani del Sud oggi. Le diatomee sono al fondo della catena alimentare, dunque le acque ricche di diatomee possono sostenere un sacco di grandi forme di vita.
Sulla base dei nostri risultati, possiamo dire che è probabile che in futuro un Mare Glaciale Artico privo di ghiaccio marino d’estate sarà anche molto produttivo
afferma Kemp. La fauna artica oggi è limitata dalle condizioni difficili della regione. L’oceano è la patria di poche specie di pesci, come il merluzzo artico, il quale, a sua volta, sostiene le foche, balene e gli orsi polari.
Mentre la presenza delle diatomee durante l’estate non significa che gli animali più grandi appaiano spontaneamente nell’Artico nel corso dei prossimi decenni, potrebbe darsi che le specie che attualmente vivono più a Sud abbiano un incentivo a spostarsi nella regione, più ricca di cibo. Lo scenario più probabile è quello che vede le specie più grandi migrare verso l’Artico in estate per alimentarsi, per poi tornare verso Sud durante l’inverno buio. Una migrazione di massa che, secondo Kemp, riguarderebbe migliaia di organismi di tutti i livelli della catena alimentare.
Fonte: [newscientist]

Scandalo in Brasile: tremila imprese fornivano legno da foreste protette in tutto il mondo

Posted: 14 Jul 2009 12:00 AM PDT
Il Brasile è uno dei Paesi maggiormente sotto la lente d’ingrandimento della comunità internazionale a proposito della lotta ai cambiamenti climatici. Responsabile della maggiore deforestazione del mondo, a causa della continua distruzione della foresta Amazzonica, l’enorme Stato sudamericano non ha ratificato finora nessun trattato internazionale, accettando le linee di principio soltanto con molte riserve. Da oggi potrebbe essere accusato di un problema in più.
Se state cercando di acquistare dei prodotti che utilizzano legname sostenibile, materiale cioè che, nonostante sia proveniente dal Brasile, abbia ottenuto le autorizzazioni e adottato le norme ecologiche, soprattutto se originario dello Stato di Pará, potreste avere una brutta sorpresa. Mongabay, uno dei blog più attenti all’ambiente, segnala che un procuratore federale brasiliano ha avviato un’inchiesta su alcune società carioca sospettate di raccolta illegale di legno da aree protette proprio in quello Stato. Dopo aver raccolto illegalmente il legname, secondo gli investigatori, questo veniva fatto arrivare negli Stati Uniti dove otteneva l’eco-certificazione, e da cui poi veniva spedito nell’Unione europea e nei mercati asiatici.
Si legge su Mongabay:
Anche se adesso non si specifica il nome delle imprese coinvolte (almeno non attraverso comunicati ufficiali in lingua inglese), sono circa 3.000 le imprese che si presume siano state coinvolte nel progetto. Il legname in questione è in vendita sia per le imprese di costruzione che per quelle di arredamento.
Mongabay sottolinea che lo stato di Pará ha il più alto tasso di deforestazione dell’Amazzonia dal 2006, ed è inoltre responsabile per il 43% del totale della perdita della foresta. E’ inoltre il caso di ricordare che, a livello globale, la deforestazione incide per circa il 20% del totale delle emissioni di gas serra, più di tutto il settore dei trasporti combinati. Un dato che fa capire quanto sia delicata la questione, e quanto alcune imprese non si facciano alcuno scrupolo, pur di arricchirsi. Allora occhio alla provenienza dei vostri mobili. Se vengono da Pará, fareste bene ad informarvi sull’azienda che ha fornito il legno.

Una carriera verde su Green-job.it

Posted: 14 Jul 2009 02:14 AM PDT
Un sito completamente dedicato alle carriere “verdi”: Green-job.it, il primo network tematico in Italia che propone offerte di lavoro nel settore della green economy. Nato dalla collaborazione tra InfoJobs.it e TimeStars, con il supporto di partner nazionali come Legambiente e Kyoto Club/QualEnergia, il portale si pone come obiettivo quello di diventare un prezioso punto di riferimento per aziende e privati interessati all’eco-sostenibilità in campo professionale. Come spiega in una nota la stessa società:
Green-Job.it intende così sostenere le offerte di lavoro delle aziende i cui servizi o prodotti sono destinati alla produzione di energie rinnovabili e di tecnologie per l’efficienza energetica o volti, comunque, a migliorare la qualita’ della vita e dell’ambiente.
Si tratta di un settore in continua crescita che vedrà aumentare in maniera esponenziale gli occupati nel prossimo decennio. Secondo un recente studio di Cgil-Legambiente, solo il settore delle energie rinnovabili, dell’eolico, del fotovoltaico e del solare registrerà un aumento dell’occupazione di 141.000 persone entro il 2020. A questo dato vanno aggiunti, inoltre, altri 350.000 impieghi che si originerebbero se si liberassero risorse per innovazione e tecnologia verde.
[Fonte: Adnkronos]

Inghilterra: prodotti farmaci da televisori riciclati

Posted: 14 Jul 2009 02:49 AM PDT
I rifiuti provenienti dal materiale di scarto dei televisori potrebbero essere riciclati ed utilizzati in medicina, in base alle nuove ricerche effettuate dagli scienziati presso l’Università di York, Inghilterra. Il composto chimico alcool-polivinilico (PVA) è ampiamente utilizzato nel settore industriale ed è un elemento chiave per i televisori con display a cristalli liquidi (LCD). Quando questi prodotti vengono gettati, i pannelli LCD sono generalmente inceneriti o sotterrati nelle discariche.
I ricercatori hanno ora trovato il modo di recuperare il PVA dagli schermi televisivi e trasformarli in una sostanza adatta per la ricostruzione dei tessuti in alcune parti del corpo che così verrebbero rigenerate. Essi possono anche essere utilizzati in pillole e medicazioni, progettati per fornire farmaci per particolari parti del corpo.
Il professor James Clark, direttore del Centro di chimica ecologica di York e uno degli autori della ricerca, ha dichiarato:
Sono 2,5 miliardi gli schermi a cristalli liquidi che hanno già raggiunto la fine della loro vita. I televisori LCD si stanno rivelando estremamente popolari tra i consumatori, diventando così una grande quantità di potenziali rifiuti da gestire. È importante per noi trovare il modo di riciclare molti elementi degli LCD, in modo che non è semplicemente quello di ricorrere al sotterramento e alla combustione degli stessi.
I ricercatori hanno sviluppato una tecnica in cui il materiale recuperato viene scaldato nell’acqua in un forno a microonde e lavato nell’etanolo per produrre il “PVA espanso“. Una delle caratteristiche chiave di questo materiale è che esso non provoca una risposta da parte del sistema immunitario umano. Questo lo rende adatto per l’utilizzo nella biomedicina.
L’ultima ricerca è stata sviluppata in un progetto a lungo termine, finanziato dalla Technology Strategy Board, e ha preso in esame i problemi posti dai rifiuti LCD. Essa è stata effettuata da cinque docenti dell’Università di York, del Dipartimento di Chimica, sede della York Liquid Crystal Group, ed è stata pubblicata sulla rivista Green Chemistry.
Fonte: [Sciencedaily]

Fox, Disney e tutti gli altri eco-studios della rivoluzione ecologica di Hollywood

Posted: 14 Jul 2009 03:23 AM PDT
Un recente rapporto mostra che i movie studios di Hollywood hanno ridotto del 63% (4o,2 milioni di tonnellate) i propri rifiuti solidi attraverso i processi di riciclo, per evitare che l’immondizia finisse nelle discariche. Grazie a questi sforzi, secondo un comunicato stampa dello scorso aprile emesso dalla Motion Picture Association of America (MPAA), gli studios hanno ridotto le emissioni di un importo pari a 7.315 auto eliminate dalla strada.
Questa notizia purtroppo, come spesso accade, è scivolata sottotono nei media internazionali, nonostante abbia una valenza importantissima. Il programma congiunto della MPAA e dell’Alliance of Motion Picture and Television Producers, ha posto come obiettivo quello di combattere il cambiamento climatico e la riduzione dell’impronta inquinante di Hollywood.
La MPAA evidenzia inoltre che ha presentato di recente alcuni importanti studi economici che permetteranno di far fare il salto di qualità alle aziende migliori:
Disney ha creato una figura professionale chiama Steward Ambientale che sarà presente su tutti i live-action film per coordinare le migliori pratiche ambientali;
La Fox ha acquistato dei camion ibridi da 4-5 tonnellate camion per tutti i trasporti della produzione. Le emissioni saranno il 60% inferiori rispetto allo standard dei camion diesel della stessa grandezza;
Durante la creazione del film molto ecologico Wolverine, l’informazione sul riciclaggio è stata stampato su fogli riciclati, i rifiuti alimentari sono stati inviati ad una fattoria, e i distributori d’acqua sono stati utilizzati al posto delle classiche bottiglie di plastica;
Tutti gli imballaggi dei film Disney in DVD e Blu-Ray sono ora al 100% riciclabili;
Warner Bros. ha completato Stage 23, il loro nuovo edificio LEED dotato di efficienti sistemi di illuminazione, con una tecnologia di raffreddamento per garantire il minimo consumo nelle ore di punta, materiali da costruzione sostenibili, vernici non tossiche e senza gas a effetto serra, oltre a tante altre scelte eco-friendly.
E’ bello vedere l’MPAA e gli studios adottare alcune misure reali per ridurre i rifiuti, aumentare l’efficienza e la creazione di una più sostenibile l’industria cinematografica. Peccato solo che queste informazioni non siano state diffuse come meritavano, altrimenti probabilmente a quest’ora magari qualche altra grande azienda li avrebbe imitati.
Fonte: [Ecorazzi]

MATERA ESTATE 2009

Nell'inconfondibile scenario della Cava del Sole di Matera, lunedì prossimo - 20 luglio - con inizio alle 21.30 il Festival Duni propone uno dei più importanti appuntamenti della stagione musicale: il concerto di Burt Bacharach, affiancato da Karima. L'evento rappresenta l'unica data del grande musicista per tutto il Sud Italia.
Parlare di Burt Bacharach è come sfogliare l'enciclopedia degli ultimi 40 anni di musica, c'è sempre la sua firma in tantissimi brani, puntualmente divenuti successi interpretati dai più famosi cantanti del pianeta, colonne sonore di film pluripremiati, cornucopia cui ha attinto il mondo della pubblicità per gli spot più accattivanti.
Con le sue musiche, Bacharach ha ricevuto una quantità incredibile di nomination per i più importanti riconoscimenti musicali, vincendo addirittura tre Oscar per le colonne sonore di "Butch Cassidy" (1970) e di "Arthur" (1982). Impressionante è il parterre di interpreti dei suoi successi: Elton John, Gladys Knight, Stevie Wonder, Dionne Warwick in "That's for friends are for", Aretha Franklin in "Say a little prayer", Diana Ross & The Supremes insieme a The Temptations in "This guy's in love with you", Perry Como in "Magic Moments", Isaac Hayes in "The look of love", oltre ai Frankies Goes To Hollywood in "Do you know the way to San Jose", e Christopher Cross in "Arthur's Theme - Best that you can do", solo per nominarne alcuni, anche se Dionne Warwick resta la sua interprete-musa di eccellenza.
Anche in Italia, le musiche di Bacharach sono state rese celebri da cantanti del calibro di Patty Pravo ("Gocce di pioggia su di me", cover di "Raindrops keep falling on my head") Catherine Spaak e Johnny Dorelli, ma anche Ornella Vanoni ("Non m'innamoro più", cover di "I'll never fall in love again").
Una musica raffinata e generosa, pronta per essere fischiettata - proprio come in "Magic Moments" - è quella che interpreta il sogno sentimentale e mai sdolcinato di intere generazioni, suggerendo un modo luminoso di affrontare le giornate, tra incoraggiamento negli impegni e vicinanza per gli affetti più cari ("Close to you"). L'"easy listening" di Bucharach non è mai scontato o banale, e si fa ricordare insieme alle cose più belle che abbiamo fatto, rappresentando spesso la colonna sonora della nostra stessa esistenza.
Ad arricchire ulteriormente l'importanza di un evento musicale già grande, il concerto di Bacharach prevede la presenza di Karima, giovanissima ma affermata interprete del panorama musicale italiano, rara gemma della scuola del programma "Amici" di Maria De Filippi. Karima ha partecipato all'ultima edizione del Festival di Sanremo con il brano "Come in ogni ora", proprio insieme a Burt Bacharach ed a Mario Biondi, trasformandolo in un grande successo trasmesso da tutte le radio.
Ecco le informazioni relative al concerto di Burt Bacharach e Karima:
Prossimo Evento


Location
Matera - Cava del sole (foto1 - foto2)
Data
Lunedì 20 luglio 2009 - ore 21:30
Tipologia
Festival Duni 2009CONCERTO BURT BACHARACHSpecial guest KARIMA
Biglietti
1° settore 42,00
2° settore 36,00
3° settore 30,00
consulta la piantina dei settori
Informazioni e prevendita
Teatro Duni - Via Roma n° 10, MateraTel. [+39] 0835 331812 - 0835 337220




Ed ecco il dettaglio dei main events in programma a Matera fino al 28 luglio 2008:

Prossimo Evento


Location
Matera - Terrazza Lanfranchi
Data
Mercoledì 22 luglio 2009 - ore 21:30
Tipologia
Festival Duni 2009CONCERTOLINO CANNAVACCIUOLO
Biglietti
Biglietto unico 10,00
Informazioni e prevendita
Teatro Duni - Via Roma n° 10, MateraTel. [+39] 0835 331812 - 0835 337220
Biglietti
Biglietto unico 10,00
Informazioni e prevendita
Teatro Duni - Via Roma n° 10, MateraTel. [+39] 0835 331812 - 0835 337220
Prossimo Evento


Location
Matera - Piazza Vittorio Veneto
Data
Sabato 25 luglio 2009 - ore 21:30
Tipologia
Festival Duni 2009CONCERTO ORCHESTRA DELLA NOTTE DELLA TARANTA
Biglietti
Ingresso gratuito
Informazioni e prevendita
Teatro Duni - Via Roma n° 10, MateraTel. [+39] 0835 331812 - 0835 337220
Prossimo Evento


Location
Matera - Cava del sole (foto1 - foto2)
Data
Martedì 28 luglio 2009 - ore 21:30
Tipologia
Festival Duni 2009CONCERTO SERGIO CAMMARIEREe Orchestra della Magna Greciadiretta dal M° Paolo Silvestri
Biglietti
1° settore 25,00
2° settore 18,00
consulta la piantina dei settori
Informazioni e prevendita
Teatro Duni - Via Roma n° 10, MateraTel. [+39] 0835 331812 - 0835 337220

SCUOLA DEL VIVERE INSIEME "CONOSCERE LA FINANZA PER CAMBIARE IL SISTEMA"

dal 23 al 26 luglio 2009 Parrocchia San Sabino - Fornello - Altamura (BA)
L’iniziativa nasce dall’esigenza, sempre più attuale, di entrare nella realtà finanziaria, spesso poco comprensibile alla maggioranza delle persone. La crisi del 2008 ha evidenziato come la finanza giochi un ruolo determinante nelle scelte economiche e negli stili di vita di tutti, a livello locale e globale.
Cos’è la finanza? Che legame ha con l’economia, con la società, con lo Stato? Ha senso parlare ancora di bene comune e di beni comuni? Alla luce della crisi ci sono delle alternative all’attuale sistema economico finanziario? Quali sono le ricadute pratiche del sistema e come si può modificarlo?
Intervengono: Riccardo Petrella (Univ. del Bene Comune), Rosario Lembo (Univ. del Bene Comune), Margherita Ciervo (Forum Pugliese Acqua Bene Comune), Massimo Melpignano (Ass. Adusbef ), Teresa Masciopinto (Banca Etica ), Vincenzo Linarello (Consorzio Sociale Goel), Alessandro Mazzer (Ass. Monastero del Bene Comune)
Le giornate di studio e ricerca sono aperte a tutti coloro che credono che il futuro non appartenga solo a pochi ma che è possibile lavorare per costruirlo in maniera giusta, sostenibile e solidale.
Sono invitati in particolare i giovani, i responsabili di associazioni e movimenti, gli operatori sociali e pastorali.
Iscrizione entro il 10 luglio.
Quota di iscrizione 15 € (giovani non lavoratori 10€).
Possibilità di pernottamento.
Cos’è la Scuola del Vivere Insieme?
La Scuola del Vivere Insieme nasce a Verona nel 2008 da un progetto educativo condiviso da Università del Bene Comune e Comunità Stimmatini di Sezano. E’ un momento d’incontro e di condivisione di valori e di esperienze concrete (dall’economia alla politica, dalla spiritualità al sociale) per imparare a costruire una società la cui creatività è messa al servizio del benessere collettivo. Dal 2009 il progetto è condiviso da gruppi di giovani di altre città tra i quali i promotori della sessione di Altamura.
“La cosa più importante per gli esseri umani, non è imparare a sopravvivere, a essere migliori, i più competitivi, ma imparare a vivere insieme” (Riccardo Petrella).
per info: scuoladelvivereinsieme@gmail.com
oppure +39.333.93.62.880
www.universitadelbenecomune.org