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domenica

IL VOTO A NOVEMBRE, QUANDO TUTTA LA CASTA POTRA' PERCEPIRE IL VITALIZIO D'ORO


Voto anticipato, la tentazione della crisi pilotata






Il presidente del Consiglio Mario Monti


Monti fa smentire, ma c’era una road map: riforma elettorale, impegni Ue dei partiti, quindi le urne


FABIO MARTINI
ROMA
Non esiste un “Piano organico” con tanto di “ora x” da far scattare al momento più opportuno. Eppure l’idea di sottrarre il sistema-Italia ad una lunga campagna elettorale, accettando l’opzione di elezioni anticipate, è una suggestione che Mario Monti ha coltivato nei giorni scorsi e la cui emersione, sulle colonne del «Corriere della Sera» ha indotto il premier ad una smentita affidata, ieri pomeriggio, a «fonti di Palazzo Chigi». Di compiuto, in Monti, c’era soltanto una riflessione e ovviamente, dato il personaggio, c’era tutto tranne che un «prendere o lasciare». Il presidente del Consiglio si rende perfettamente conto che, una volta portati a compimento, entro i primi dieci giorni di agosto, i provvedimenti sulla spending review e sullo sviluppo, è difficile immaginare che il Parlamento italiano possa produrre altri «compiti» capaci di commuovere i mercati.


In compenso è sotto gli occhi di tutti - e sicuramente sotto gli occhi del premier - la dinamica elettoralistica già innescata non soltanto dai partiti di opposizione, ma anche da quelli di maggioranza, una dinamica destinata ad appesantire il percorso del governo. Ecco perché Monti, senza dare pubblicità ma iniziandone a parlare in modo riservato, aveva accarezzato l’idea di una road map, scandita in tre tappe. Un itinerario da avviare soltanto nel momento in cui tutti i partiti della sua maggioranza si fossero dichiarati d’accordo, senza riserve. In Monti c’è l’idea di una uscita di sicurezza che non suoni come sconfessione della esperienza politica del suo governo, ma che possa invece rappresentare il suo coronamento, dando ai mercati la certezza di un futuro di stabilità per l’Italia. La Francia non è stata chiamata ad elezioni anticipate ma il cambio del presidente e il rinnovo della assemblea legislativa, almeno sui mercati, hanno premiato un Paese che pure sarà chiamato a misure di forte contenimento della spesa pubblica.


La prima tappa del percorso immaginato da Monti, prima della smentita - ma che potrebbe riproporsi se i partiti dovessero convenire - prevede l’approvazione in tempi ristretti di una riforma elettorale; il secondo passaggio è rappresentato da una dichiarazione comune dei partiti della “sua” maggioranza, che prima di ingaggiare la parte finale della campagna elettorale, potrebbero impegnarsi a rispettare il quadro e gli impegni sottoscritti con l’Unione europea. Sottoscrivendo un Memorandum comune. Terza tappa, l’indizione di elezioni anticipate, che erano state immaginate in autunno. In una domenica e in un lunedì di novembre.


I vertici dei tre partiti di maggioranza ovviamente erano a conoscenza della ipotesi accarezzata da Monti. Ma coltivando interessi diversi, diversa è stata la loro reazione. Al Pd, che continua ad essere in pole position nelle intenzioni di voto e dunque avrebbe interesse a votare il prima possibile, è sintomatica la reazione di Enrico Letta, vicino a Bersani ma anche al Capo dello Stato, che a Sky dice: «L’ipotesi di una crisi pilotata? Non ne ho mai sentito parlare e l’ho letta sui giornali, ma il tema di fondo è che non si può immaginare di votare senza aver cambiato la legge elettorale». In questo modo Letta sembra collegare un interesse di partito con quello che è diventato una sorta di imperativo categorico che si è posto il Capo dello Stato: riuscire a cancellare il Porcellum prima della fine del suo mandato.


Il partito che sembrerebbe avere più interesse ad eliminare una legge elettorale che sulla carta garantisce un congruo premio di maggioranza al Pd, è il Pdl, ma davanti all’ipotesi di scioglimento anticipato è sintomatica la reazione di Fabrizio Cicchitto, l’uomo che per il partito di Berlusconi tiene i rapporti istituzionali: «La difficoltà della situazione italiana non può essere messa in conto oggi alle future elezioni politiche. In un momento così delicato, nessuno ha intenzione, come suol dirsi, di staccare la spina». Come dire: al Pdl non c’è fretta, forse perché il centrodestra ha bisogno ancora di tempo per capire come riorganizzare il proprio campo. In qualche modo sembra farsi carico di questo attendismo anche il presidente del Senato Renato Schifani, che prima che arrivasse la precisazione di palazzo Chigi, aveva commentato: «Elezioni anticipate? E’ un’ipotesi giornalistica, non me ne innamoro, il Paese in questo momento ha bisogno di una guida».


http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/463209/

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