di Orietta Moscatelli
Nicosia offre una fiscalità vantaggiosa alle imprese di
Mosca. I cittadini russi comprando una casa qui ottengono un visto per l'area
Schengen e saltano la trafila burocratica dell'Ue. I giacimenti del
Mediterraneo e la sospetta offerta di Gazprom.
I russi sono sempre di più di casa a Cipro e, mentre in
questi giorni la casa brucia, l’Europa si interroga sui capitali che dalle rive
della Moscova approdano su quelle del Mediterraneo.
Moody’s ha cercato di fare i conti in tasca ai signori con
passaporto cirillico che comprano case e frequentano gli istituti di credito di
Limassol e Nicosia. Spesso, peraltro, il "signore" proprio non c’è;
ci si ferma al nome di una società di comodo.
Centinaia di imprese offshore cipriote controllano attività
di investimento in Russia e poi riportano il denaro in patria, dove vige un
regime fiscale unico tra i 27 paesi membri dell'Ue: tassa sulle imprese al 10%
e quasi sempre esentasse i dividendi di una società registrata in loco. Il
tutto restando sul territorio dell’Unione europea: alla faccia delle lungaggini
nei negoziati per abolire il regime di visti per l’ingresso che tanto irrita le
autorità e gli uomini d’affari russi.
Questo panorama variopinto varrebbe qualcosa come 19
miliardi di dollari in depositi di persone fisiche o giuridiche, più 12
miliardi che banche russe tengono presso banche cipriote, senza contare i 40
miliardi prestati solo l’anno scorso a società dell'isola. Così, la richiesta
di un prelievo forzoso sino al 10% per i conti sopra i 100 mila euro si
tradurrebbe, per i russi, in una perdita complessiva di circa 3,5 miliardi di
euro, ha calcolato Forbes. L’analista di Moody’s Eugene Tarzimanov rilancia:
una moratoria bancaria cipriota bloccherebbe il ripagamento di debiti esteri
per decine di miliardi, sino a 53 miliardi per compagnie russe.
L’andirivieni di denaro tra Mosca e Nicosia fa sospettare
all’Ue diffuse attività di riciclaggio. Sospetti d’altronde leciti, alimentati
dalle indagini di Moneyval (il comitato di esperti per la valutazione di misure
contro il riciclaggio di capitali) del Consiglio d’Europa; il comitato da una
parte si compiace dei progressi fatti nel nome della trasparenza, dall’altra
segnala che il denaro russo passa spesso attraverso società effimere che, una
volta smantellate, non lasciano traccia.
A fine 2012, un rapporto dei servizi segreti tedeschi
denunciava la “corruzione endemica” foraggiata dal denaro russo depositato a
Cipro, una cifra tra i 15 e i 26 miliardi. Le leggi ci sono, ma non vengono
rispettate, avverte il documento. A quel punto, il ministro delle Finanze
Wolfgang Schauble ha rilanciato pubblicamente: “ci si chiede come mai Cipro sia
il secondo investitore estero in Russia e bisogna dare una risposta a questa
domanda. I dubbi nascono vedendo i livelli di investimenti russi così alti a
Cipro e allo stesso tempo altissimi investimenti ciprioti in Russia”.
L’idea di una super tassa sui conti correnti nasce da questo
ragionamento. Se i ricchi russi portano i soldi sull’isola per i loro traffici
poco chiari, almeno paghino nel momento in cui l’Europa e il Fondo Monetario
Internazionale si apprestano a sborsare 10 miliardi per un salvataggio.
I russi hanno cominciato a frequentare la parte greca (e
quindi ortodossa) del piccolo paese mediterraneo prima che questo entrasse a
far parte del club europeo, nel 2004. Con l’adesione all’Ue, Cipro è diventata
"l’isola di casa", spesso in connessione con altri più esotici
atolli.
Ad esempio Dmitri Rybolovlev, ex principale proprietario del
colosso dei fertilizzanti Uralkali, ha acquisito il 9,7% della Banca di Cipro
attraverso un fondo registrato alle Isole Vergini. L’istituto cipriota a sua
volta opera anche in Russia, con Uniastrum. Poi c’è Suleiman Kerimov, già
azionista di Gazprom, che investe tramite Nafta-Moskva, registrata a Mosca, e
ha il 20% della cipriota Aniket Investments Limited. Nomi celebri a parte, la
lista è lunga e non graditissima dai vertici russi. Almeno ufficialmente. Il
premier Dmitri Medvedev ha commentato duramente il piano di prelievo forzoso
sui conti ciprioti: “assomiglia a una confisca di fondi stranieri”, ha detto,
per poi precisare che quei soldi, magari, dovrebbero essere tenuti in Russia.
Gli interessi russi a Cipro non si esauriscono in attività
bancarie offshore o nell’acquisto di un appartamento di lusso (che garantisce
la residenza e, quindi, un visto per l’area Schengen). Secondo un retroscena
rivelato dal quotidiano Vedomosti, il colosso del gas, Gazprom, avrebbe offerto
aiuti alle banche dell'isola in cambio di licenze estrattive. Nicosia avrebbe
tuttavia rifiutato, preferendo un prestito sotto egida Ue. Dietro la proposta
respinta, le mire russe sull’estrazione di metano nella zona economica
esclusiva, obiettivo più strategico (e difensivo) che puramente economico.
Infatti, per la Russia, che dipende almeno per il 70% del
suo bilancio statale dai proventi di gas e petrolio, i giacimenti individuati
al largo di Cipro e Israele, come pure nel mare greco, sono una minaccia: il primo
mercato di future estrazioni sarebbe ovviamente l’Europa, in diretta
concorrenza con le forniture russe. Così non stupisce che Gazprom voglia
partecipare ai progetti estrattivi ciprioti e stia cercando scorciatoie.
Stupirebbe di più, fanno notare gli analisti, se una volta
ottenute le licenze, la compagnia russa le sfruttasse appieno. Le esportazioni
dai giacimenti in territorio russo garantiscono infatti il 100% dei profitti,
il triplo di quanto può mettere in conto per l’export realizzato fuori dai
propri confini nazionali.
Insomma, davanti all'offerta di un "salvataggio
alternativo" da parte di Gazprom, Cipro continua a pensare che i russi
abbiano solo interesse a entrare nei progetti, ma non a svilupparli completamente.
Lo scorso ottobre sono partite le gare per le licenze
esplorative nella zona economica esclusiva cipriota e le prime assegnazioni per
il blocco 9 sono andate a un consorzio tra la russa Novatek, Total F&P
activities e Gazprombank. L’iter è stato poi interrotto a causa di divergenze
sull'offerta economica.
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